
Ho imparato il tedesco DA SOLO in 6 mesi
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Non parlo un tedesco perfetto, e non pretendo di farlo. Ma oggi sono in grado di sostenere una conversazione, di comprendere la maggior parte di ciò che mi viene detto e di rispondere in modo naturale, anche in situazioni quotidiane.
Il punto è che non ci sono arrivato seguendo corsi intensivi, né vivendo in Germania o in Austria. Non ho avuto un insegnante, né ho frequentato lezioni strutturate.
Tutto quello che ho imparato — e che a distanza di anni mi è rimasto — l’ho costruito da solo.
E non con metodi particolarmente sofisticati, ma con due strumenti semplicissimi, usati con costanza e con un approccio che non ha nulla a che fare con quello scolastico. Nessuna tabella dei verbi, niente esercizi di grammatica a memoria.
In questo articolo ti racconto come ho fatto.
Non per darti una “formula magica” — non esiste — ma per mostrarti che imparare una lingua da autodidatta, anche complessa come il tedesco, è possibile, se si cambia prospettiva.
Non serve essere geni, serve partire nel modo giusto.
E soprattutto, serve iniziare a usare la lingua prima ancora di capirla del tutto.
Il punto di partenza: parole, non regole
Quando ho deciso di imparare il tedesco, ho fatto una scelta controintuitiva: non ho iniziato dalla grammatica.
Niente verbi, declinazioni, regole da studiare a tavolino.
Ho cominciato dalle parole.
Ogni giorno dedicavo una piccola sessione all’apprendimento di vocabolario. Usavo un’app che esiste ancora e che consiglio spesso a chi vuole partire da zero: Memrise. La logica è semplice: ti propone nuove parole da memorizzare e le ripassa con un sistema di ripetizione dilazionata. Ma il punto non era tanto l’app in sé — ce ne sono molte — quanto il metodo con cui affrontavo ogni singola parola.
Per ogni termine nuovo, creavo un’immagine mentale. Associavo il suono della parola a qualcosa che conoscevo, spesso usando il cosiddetto “palazzo della memoria”: un trucco mnemonico che trasforma i suoni in scene concrete.
Per esempio, per ricordare che ähnlich significa “simile”, mi veniva in mente, non so perchè, la mia amica Elisa, e allora la immaginavo fare qualcosa che ha a che fare con la parola da ricordare, per esempio, guardarsi allo specchio. Una scena un po’ assurda, ma proprio per questo difficile da dimenticare.
Questa tecnica, giorno dopo giorno, mi ha permesso di costruire una base solida di vocabolario, senza fatica e senza annoiarmi. E, soprattutto, mi ha dato le prime “cartucce” da usare quando sarebbe arrivato il momento di parlare davvero.
Parlare subito, anche se non sei pront*
Dopo qualche settimana passata a costruire vocabolario, ho capito che mancava qualcosa. Così ho iniziato a parlare con un madrelingua.
Non ho aspettato di “essere pronto” — perché, diciamolo, quella prontezza non arriva mai. Ho scaricato Tandem, un’app pensata proprio per questo: mettere in contatto persone che vogliono parlare in un'altra lingua. Io cercavo qualcuno che parlasse tedesco e volesse imparare l’italiano.
E così ho conosciuto Markus, una persona gentile, paziente, appassionata della nostra lingua. Con lui ho parlato per un anno intero, un’ora a settimana. È stata una fortuna immensa.
All’inizio ero impacciato. Dicevo frasi semplici, spesso sbagliate. Ma parlare con qualcuno che ti ascolta e ti aiuta attiva una parte del cervello che nessun libro può stimolare. Impari perché devi dire qualcosa. Perché c’è una persona davanti a te, e vuoi farti capire.
Ed è in quel momento che la lingua smette di essere una lista di parole e diventa comunicazione.
Ancora oggi, se sento certe frasi o espressioni, mi tornano in mente proprio quei dialoghi. Non perché le abbia studiate, ma perché le ho vissute, con tutte le emozioni che porta con sé una vera conversazione.
Immergersi nella lingua (senza prendere un aereo)
Dopo mesi di conversazioni settimanali con Marcus ho scoperto che anche Discord può aiutarti a conoscere una nuova lingua.
Per chi non la conoscesse, è un’app gratuita che permette di unirsi a server tematici e stanze vocali. In pratica: puoi cercare community in cui si parla tedesco e, con un clic, entrare in una conversazione vera, tra persone che parlano solo quella lingua. Niente traduzioni, niente filtri.
Io lo usavo spesso mentre camminavo. Cuffie nelle orecchie, stanza tedesca attiva, e iniziavo ad ascoltare. A volte intervenivo, altre volte stavo zitto ad assorbire. Ma ogni volta qualcosa si incollava: un modo di dire, un’espressione nuova, un suono familiare.
Il bello è che puoi farlo ovunque. In pausa pranzo, mentre cammini, mentre sistemi casa. È una forma di immersione “passiva-attiva”, perfetta se non vivi in un paese dove si parla quella lingua. E, credimi, dopo qualche settimana inizi a sentire un cambiamento reale. Le parole smettono di suonare “straniere” e cominciano a diventare parte del tuo repertorio.
Allenarsi sul campo: la vacanza che ha fatto la differenza
Un altro momento chiave è arrivato durante una vacanza in Alto Adige, in Val Senales.
Lì si parla anche tedesco, e per me è stata l’occasione perfetta per testare quello che avevo imparato. Non volevo limitarmi a capire i cartelli: volevo usare davvero la lingua, anche solo per chiedere una brioche al bar o scambiare due parole con qualcuno durante una camminata.
Mi ero preparato in modo semplice, ma efficace.
Prima di uscire, aprivo un’app gratuita di traduzione vocale — Deepl, per la precisione. Scrivevo in italiano le frasi che sapevo mi sarebbero servite, le ascoltavo in tedesco, e le ripetevo finché non mi suonavano naturali. Poi, appena possibile, le usavo davvero.
“Vorrei una brioche, per favore”, “C’è un rifugio nei dintorni?”, “Non c’è tanta salita, si fa bene!” — frasi semplici, ma vere. E usarle in contesto, con un po’ di tensione emotiva (quella lieve ansia che ti viene quando devi parlare con qualcuno), le ha impresse nella memoria in modo definitivo.
Ancora oggi le ricordo perfettamente. Non perché le abbia studiate a memoria, ma perché le ho vissute. Le ho cercate, pronunciate, ricevuto una risposta. Ed è questo che rende l’apprendimento reale.
Quando smetti di studiare, ma non smetti di sapere
Dopo circa un anno di pratica costante, le cose sono cambiate. Gli impegni sono aumentati, il tempo si è ridotto, e ho smesso di dedicarmi al tedesco in modo sistematico. Ma, sorprendentemente, molto di quello che avevo imparato è rimasto.
A distanza di anni, mi ritrovo ancora a ricordare parole, costruzioni, modi di dire. Non tutti, certo, ma quelli che ho usato davvero — quelli legati a momenti concreti, conversazioni vere, immagini forti — sono ancora lì.
È come se fossero cristallizzati dalla pratica. Non li ho mai più ripassati, ma non se ne sono mai andati.
Questa esperienza mi ha insegnato una cosa fondamentale: le lingue si imparano usandole, non studiandole soltanto.
I libri servono, le regole servono. Ma fino a che non hai davvero bisogno di dire qualcosa, il cervello non si muove. È come voler imparare a suonare la chitarra leggendo libri sulla musica, senza mai toccare le corde. Non funziona così.
Se c’è una cosa che mi sento di consigliare, è questa: inizia a usare la lingua il prima possibile. Anche con errori, anche se ti vergogni. Soprattutto se ti vergogni. Perché è proprio lì, nell’imperfezione, che inizia l’apprendimento vero.