
Glutatione: benefici reali, limiti e uso corretto della “molecola dell’eterna giovinezza”
Compartir
Orsù dunque, parliamo del glutatione, la cosiddetta "molecola dell'eterna giovinezza".
Credo che questo sia uno degli argomenti più in voga del momento, ho preparato un articolo in cui spiego, basandomi su tutti gli studi scientifici che ho raccolto, la verità su questo ingrediente. L'obiettivo è farti capire, una volta terminato, se valga la pena integrare il glutatione e, nel caso, come farlo correttamente.
Il glutatione è uno dei più potenti antiossidanti del nostro corpo. Il razionale con cui è stato studiato e viene utilizzato nasce da un'osservazione: i suoi livelli diminuiscono drasticamente con l'invecchiamento. Si è notato, inoltre, che le sue concentrazioni sono ridotte in persone che soffrono di Alzheimer o altri problemi cognitivi in età avanzata. Da qui è sorta la domanda: non è che magari reintegrandolo si possano ottenere dei benefici? E così sono iniziati gli studi.
Per esempio, uno studio molto piccolo, che lascia un po' il tempo che trova ma illustra bene il concetto, ha indagato proprio il rapporto con l'età.
È stato condotto su 8 giovani di circa 21 anni e 8 anziani. Lo so, il campione è minuscolo, me ne rendo conto, ma serve a spiegare ciò che anche altri studi hanno poi confermato: il glutatione nei globuli rossi degli over 65 era circa la metà rispetto ai giovani. Analisi più approfondite hanno rivelato che negli anziani c'è una minore velocità di sintesi del glutatione. Il punto cruciale è che il corpo, invecchiando, dispone di meno glicina e cisteina, che sono i mattoni fondamentali per la sua costruzione.

Glutatione e Funzioni Cognitive: Limiti e Criticità degli Studi Attuali
Vediamo oggettivamente, alla luce degli studi attuali, per cosa il glutatione è ritenuto utilizzabile con discreti risultati. Partiamo prima da ciò che non è stato ancora dimostrato o è stato in parte smentito, a volte a causa di studi non condotti in condizioni ottimali o con campioni troppo piccoli – problemi, questi, molto comuni nella ricerca.
Ad esempio, una mini-review ha analizzato i livelli cerebrali di glutatione nel declino cognitivo, scoprendo che nell'ippocampo di pazienti con lieve compromissione cognitiva o Alzheimer c'era un livello del 23% più basso rispetto a coetanei sani. Questo ha alimentato l'ipotesi di usare il glutatione per ridurre o prevenire il declino cognitivo.
Il problema, però, emerge quando guardiamo agli studi. In uno di questi, si è usato il suo precursore più famoso, l'N-acetilcisteina (qualcuno lo conoscerà come il farmaco da banco Fluimucil). Somministrando alte dosi di questo precursore si è ottenuta una riduzione dei marker di infiammazione, un miglioramento della funzione cerebrale e una diminuzione della durata del ricovero ospedaliero.
Ma qual è il problema di questo studio, e anche di un altro che ha valutato la neuropatia periferica diabetica? Che sono studi "open label", purtroppo.
Ciò significa che non c'era un gruppo placebo; tutte le persone coinvolte sapevano esattamente cosa stessero assumendo. Questo è un difetto enorme per studi di alto valore. Quando si selezionano ricerche affidabili, è fondamentale verificare che lo studio sia un trial clinico randomizzato placebo controllato.
In questi studi, una parte dei partecipanti non sa cosa sta prendendo, perché la nostra mente è potentissima nel creare effetti sul corpo. La scienza stessa lo riconosce, tanto che gli standard più elevati richiedono sempre la presenza di un gruppo placebo.

Conflitti di Interesse: Come Leggere tra le Righe degli Studi Scientifici
Abbiamo però una metanalisi del 2021 che ha esaminato la somministrazione di glutatione per via endovenosa per il morbo di Parkinson. Su un totale di 204 pazienti, è stata somministrata una dose endovena dai 300 ai 600 mg al giorno per 4-12 settimane. Si è osservato un lieve miglioramento dei sintomi motori, specialmente con la dose da 600 mg, ma nessun impatto sulle funzioni cognitive o sulla qualità della vita.
Di conseguenza, l'idea che il glutatione sia utile per il declino cognitivo è ancora tutta da dimostrare, il che non significa che non sia utile per altri scopi.
Ho riscontrato che molti studi che mostrano effetti dirompenti, quasi da prima pagina, hanno purtroppo dei conflitti di interesse, alcuni più marcati di altri.
Cosa significa?
Che una o più aziende che producono l'integratore in esame, in questo caso il glutatione, intervengono nello studio, influenzandone la conduzione. È chiaro che un'azienda che finanzia uno studio sul proprio prodotto vorrebbe ottenere dati favorevoli, e a volte interviene nell'analisi dei dati per farli emergere. Per essere onesta, dovrebbe rimanerne fuori e dire: "Fate in modo che venga fuori la verità, io non intervengo".
Tengo a precisare che la presenza di un conflitto di interesse non implica automaticamente che lo studio sia fatto male o non dica la verità, ma bisogna stare con le orecchie drizzate.
Per fare un esempio: uno studio, seppur placebo controllato, ha analizzato l'effetto su 45 uomini che si allenavano con i pesi. Hanno assunto una combinazione di glutatione (GSH) e citrullina, registrando un aumento di massa muscolare di circa 1 kg, contro gli 0,4 kg del gruppo placebo. La differenza, alla fine, non era così significativa, e rientra nell'ambito del possibile che il gruppo GSH fosse composto da "easy gainer" o si fosse allenato meglio.
Personalmente, non consiglierei mai il glutatione a una persona giovane che fa palestra per aumentare la massa muscolare.

Glutatione: I Benefici Dimostrati per Diabete e Salute Cardiometabolica
In un altro studio con un lieve conflitto d'interesse (i ricercatori erano dipendenti di un'azienda produttrice, ma non hanno partecipato alla progettazione o all'analisi dei dati), 12 triatleti hanno bevuto una miscela con 1000 mg di vitamina C e 200 mg di glutatione prima di una prova simulata. I risultati, rispetto al placebo o alla sola vitamina C, sono stati notevoli:
- Il lattato durante la gara era più basso dell'11%.
- L'efficienza cardiaca era più alta del 7%.
- L'ossigenazione del quadricipite era maggiore del 9%.
Ma facciamo il punto della situazione. Dove si è mostrato promettente e, con la giusta supervisione medica, potenzialmente consigliabile?
Nell'ambito del diabete e del rischio cardiometabolico.
In generale, la direzione della ricerca è abbastanza consistente: il glutatione sembra aiutare a tenere bassa l'infiammazione sistemica e a migliorare alcuni parametri cardiometabolici.
A confermarlo è una revisione sistematica del 2023, a cui ha partecipato anche un mio professore universitario, che ha analizzato 12 trial clinici randomizzati su integratori che aumentano il glutatione (GSH).
Questi studi, che includevano precursori o formulazioni combinate, hanno mostrato in media un calo dell'emoglobina glicata di circa 0,5 punti percentuali e una riduzione delle citochine pro-infiammatorie.
Tra gli integratori analizzati c'era anche il coenzima Q10, di cui ho già parlato QUI, che possiede evidenze scientifiche molto più solide riguardo la sua capacità di migliorare l'assetto cardiometabolico (glucosio, colesterolo, capacità antiossidante).
È interessante notare che uno dei meccanismi d'azione del Q10 è proprio l'aumento dei livelli di glutatione. Fatto sta che, se volessi integrare il glutatione per questo scopo, a mio avviso sarebbe preferibile integrare direttamente il Q10.

N-Acetilcisteina (NAC): La Scelta Migliore per Aumentare il Glutatione
Nonostante la tendenza indichi un potenziale ruolo anti-invecchiamento, le evidenze sono ancora limitate e basate su studi piccoli.
Se decidessi comunque di integrarlo, quale forma dovrei scegliere?
La risposta più solida, come indicato da una meta-analisi di qualità del 2021, è l'N-acetilcisteina (NAC).
Questa meta-analisi conferma che c'è un risultato concreto dietro l'integrazione del glutatione o dei suoi precursori. Ripeto, non è la soluzione miracolosa per il declino cognitivo.
Come spiega logicamente il protocollo Bredesen per l'Alzheimer, la malattia è un insieme di almeno 36 problemi diversi, che vanno da carenze di micronutrienti (vitamina D, magnesio, zinco) a problemi di tiroide e malagestione del glucosio. È chiaro, quindi, perché il solo glutatione non mostri miglioramenti netti negli studi: non è l'unico fattore in gioco.
Tuttavia, dal punto di vista cardio-metabolico e di riduzione dell'infiammazione, la sua efficacia è più dimostrata.
A proposito, la parola "antiossidante" a volte mi sta sul caspio
, perché viene attribuita a qualsiasi sostanza; è più corretto parlare di riduzione dell'infiammazione.
La NAC, inoltre, è famosa per il suo aiuto nelle crisi respiratorie legate alla BPCO, grazie al suo effetto fluidificante sul muco.
Attualmente, la N-acetilcisteina è il modo migliore per aumentare i livelli di glutatione.
È ormai noto nell'ambiente dei biohacker che il glutatione orale non viene assorbito bene. Si preferisce la forma liposomiale, ma a quel punto tanto vale usare la NAC, la cui efficacia è confermata da diversi studi. Ad esempio, un trial clinico randomizzato in doppio cieco su 36 over 65 ha dimostrato che la somministrazione di NAC (rispetto al placebo) ha portato a:
- Aumento della velocità di cammino.
- Riduzione di quasi un terzo della proteina C-reattiva (marker di infiammazione).
- Miglioramento del 20% della funzione endoteliale (reattività delle arterie).
- Raddoppio del glutatione plasmatico, riportando i marcatori di stress ossidativo ai valori tipici dei ventenni.
Il glutatione resta una molecola affascinante e promettente, ma non è la panacea che spesso viene descritta. Gli studi mostrano risultati interessanti soprattutto sul piano cardiometabolico e infiammatorio, mentre il suo ruolo nel declino cognitivo è ancora tutto da dimostrare.
La scelta più solida, ad oggi, sembra essere l’uso dei suoi precursori come la N-acetilcisteina (NAC), che dispone di evidenze cliniche più consistenti. In ogni caso, vale la pena considerare il glutatione solo come parte di una strategia più ampia di benessere, sempre valutata insieme al/alla proprio/a medico.