
I migliori integratori per la tiroide: cosa funziona davvero (e cosa no)
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Quando si parla di tiroide, spesso si riduce tutto al metabolismo. È vero: una tiroide attiva aiuta a bruciare meglio, sostiene il dimagrimento e regola l’energia. Ma non è tutto.
Una tiroide in equilibrio significa anche capelli e unghie in buona salute, fertilità protetta, e – aspetto troppo poco considerato – benessere mentale.
Infatti, quando la tiroide funziona poco, possono comparire sintomi depressivi, difficoltà di concentrazione, e in alcuni casi anche un peggioramento delle performance cognitive.
Si parla spesso di decadimento cognitivo legato all’età, ma in realtà la tiroide è uno degli organi più coinvolti nel mantenere giovane il cervello.
Ecco perché in questo articolo voglio condividere una panoramica chiara su quali integratori possono aiutare la tiroide, quando ha bisogno di supporto.
Ipotiroidismo: il disturbo più frequente
Tra tutte le alterazioni della funzione tiroidea, la più diffusa è sicuramente l’ipotiroidismo, cioè una condizione in cui la tiroide produce meno ormoni del necessario, o addirittura smette di produrli.

In questi casi si ricorre spesso alla terapia ormonale sostitutiva, necessaria per compensare il lavoro che la ghiandola non riesce più a svolgere.
Ma non sempre è solo la tiroide a non funzionare: in alcuni casi, anche l’alimentazione, l’assorbimento intestinale o piccole carenze croniche possono contribuire a creare squilibri.
Questo non vuol dire che si possa evitare la terapia con un integratore, ma significa che alcuni micronutrienti giocano un ruolo fondamentale nel sostenere la funzione tiroidea, soprattutto nelle fasi iniziali o nei casi subclinici, in cui la produzione ormonale comincia a rallentare, ma non è ancora compromessa al punto da richiedere farmaci.
Il punto di partenza: garantire i nutrienti essenziali
Quando si parla di sostegno alla tiroide tramite l’alimentazione o l’integrazione, il primo principio è semplice: non devono esserci carenze.
In teoria, nelle popolazioni dei paesi industrializzati iodio e selenio dovrebbero essere presenti in quantità sufficienti. In pratica, però, ci sono due problemi:
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L’assunzione reale può essere inferiore a quanto ci aspettiamo;
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Anche senza una carenza clinica, un’integrazione mirata può avere un effetto positivo in presenza di disfunzione tiroidea.
Ad esempio, uno dei nutrienti più studiati in questo ambito è il selenio.
Selenio: un supporto importante nei casi di tiroidite
Il selenio è un minerale fondamentale per l’attività di alcuni enzimi coinvolti nella conversione dell’ormone tiroideo T4 in T3, la forma biologicamente attiva.
Inoltre, ha un ruolo nel contenere l’infiammazione e lo stress ossidativo, due processi che possono danneggiare la tiroide, soprattutto in caso di patologie autoimmuni come la tiroidite di Hashimoto.

Una metanalisi ha osservato che integrare selenio può contribuire a ridurre i livelli di TSH e degli anticorpi anti-tiroide, ma con una precisazione importante: questo effetto è stato rilevato solo nei pazienti che non assumevano terapia ormonale sostitutiva, e lo dice questo studio qui.
Un’altra evidenza utile: il selenio riduce lo stress ossidativo a livello tiroideo, un fattore chiave nella progressione dell’infiammazione autoimmune.
Pur tenendo conto che la qualità metodologica degli studi è variabile, si tratta comunque di risultati interessanti.
Alla luce di tutto ciò, ritengo che un’integrazione di selenio, in chi non ha già una terapia in corso, sia un’opzione da considerare, anche perché il profilo di sicurezza è buono alle dosi fisiologiche (generalmente 50–100 mcg al giorno).
Come integrare il selenio: da solo o all’interno di un multivitaminico?
Il selenio può essere assunto come singolo integratore, ma in molti casi può essere utile sceglierlo all’interno di un multivitaminico, soprattutto se l’obiettivo è quello di coprire potenziali carenze multiple, non sempre evidenti negli esami di routine.
Anche chi segue un’alimentazione sana può non raggiungere sempre il fabbisogno di tutti i micronutrienti.
Una metanalisi recente ha osservato che l’uso regolare di un multivitaminico ha rallentato il decadimento cognitivo nei soggetti adulti, suggerendo che alcune carenze, anche lievi, possano contribuire nel tempo a peggiorare le funzioni cerebrali, e lo dice questo studio qui.
In questo contesto, un multivitaminico completo può rappresentare una copertura di sicurezza, utile anche per la tiroide.
Iodio: fondamentale, ma spesso utilizzato nel modo sbagliato
Lo iodio è un altro micronutriente essenziale per la sintesi degli ormoni tiroidei.
La molecola stessa dell’ormone T4 contiene quattro atomi di iodio, e il T3 ne contiene tre. Senza iodio, quindi, la tiroide non può produrre nulla.

Nella maggior parte dei paesi industrializzati l’introduzione del sale iodato ha ridotto drasticamente le carenze. Tuttavia, anche qui c’è un punto critico: la modalità d’uso.
Lo iodio è un elemento volatile e termolabile, quindi se il sale iodato viene aggiunto in fase di cottura – ad esempio nell’acqua che bolle o durante la preparazione a fuoco vivo – una parte significativa dello iodio può andare persa.
Una buona pratica è quella di suddividere l’aggiunta del sale: una parte in cottura (per questioni di sapore e distribuzione), e una parte a crudo, direttamente sulla pietanza pronta.
È un dettaglio, ma che sul lungo periodo può fare la differenza nell’assunzione quotidiana effettiva di iodio.
Iodio e alimentazione: attenzione alle abitudini alimentari moderne
Un altro aspetto importante riguarda le abitudini alimentari attuali.
Molti alimenti confezionati e ultraprocessati contengono quantità elevate di sale, ma non sempre iodato.
Il risultato? Un’elevata introduzione di sodio, senza i benefici dell’iodio.
Alcune categorie di persone, come vegetariani e vegani, mostrano livelli potenzialmente insufficienti di iodio. In uno studio osservazionale, tuttavia, i valori ormonali tiroidei di questa categoria di persone risultavano nella norma, e lo dice questo studio qui.
Questo dato va interpretato con cautela. La tiroide ha una riserva endogena di iodio, e può compensare per un certo periodo.
Tuttavia, una carenza prolungata, anche modesta, può alla lunga impattare negativamente sulla funzione tiroidea.
Ecco perché, in presenza di fattori di rischio o abitudini alimentari particolari, ha senso prestare attenzione anche all’iodio, pur senza eccedere, visto che un eccesso di iodio può anch’esso disturbare la funzione tiroidea.
Ferro: un ruolo sottovalutato nella salute tiroidea
Il ferro è spesso associato all’anemia, ma in realtà gioca un ruolo cruciale anche nella funzione ormonale e tiroidea.

Una metanalisi molto ampia ha rilevato che soggetti con bassi livelli di ferritina (cioè con riserve di ferro ridotte) mostrano anche valori inferiori di FT3, FT4 e TSH, e lo dice questo studio qui.
È importante sottolineare che non serve essere anemici per avere una carenza funzionale di ferro.
Si può avere emoglobina nella norma ma comunque una ferritina bassa, e questo può manifestarsi con sintomi come stanchezza, difficoltà cognitive, irritabilità, che si sovrappongono a quelli dell’ipotiroidismo.
In questi casi, può essere utile valutare un’integrazione di ferro, meglio se accompagnata da vitamina C, che ne migliora l’assorbimento intestinale.
L’ideale è farlo sotto controllo medico, anche perché il ferro in eccesso non è privo di effetti collaterali.
Vitamina B12 e acido folico: supporto neurocognitivo e metabolico
Un altro ambito spesso trascurato è quello delle vitamine del gruppo B, in particolare B12 e B9 (acido folico).
Queste vitamine sono fondamentali per la salute del sistema nervoso, ma anche per il corretto funzionamento della tiroide, in particolare nei processi di metilazione e produzione di energia cellulare.
In soggetti con ipotiroidismo è stata osservata una maggiore incidenza di carenza di vitamina B12, anche se i risultati vanno interpretati con prudenza, e lo dice questo studio qui.
Infatti, circa la metà degli studi inclusi nella metanalisi presentava un alto rischio di bias, e quasi il 50% non specificava nemmeno i metodi di analisi della vitamina B12.
Nonostante queste limitazioni, la relazione tra tiroide e B12 merita attenzione, soprattutto perché una carenza di B12 può aggravare sintomi cognitivi e neurologici, spesso già presenti nei disturbi tiroidei.
Per un’efficacia ottimale, è consigliabile utilizzare forme attive di queste vitamine (come metilcobalamina per la B12 e metilfolato per la B9), in particolare in presenza di mutazioni genetiche come MTHFR o COMT, che riducono la capacità di attivare queste molecole a livello epatico.
Integrazione e prevenzione: un approccio complessivo
La maggior parte delle sostanze di cui abbiamo parlato – selenio, iodio, ferro, B12, B9 – non sono curative, ma hanno un ruolo importante nella prevenzione e nel supporto funzionale, soprattutto quando la tiroide non è ancora in condizione patologica conclamata.
Integrare dosi fisiologiche, ben calibrate, può servire a contenere lo sviluppo di disfunzioni, rallentare l’aggravarsi di quadri subclinici, o semplicemente garantire che tutti i co-fattori metabolici siano presenti quando servono.
È un approccio di copertura intelligente, non aggressivo, che non sostituisce la terapia medica, ma può affiancarla con beneficio.
Microbiota e infiammazione: l’altro fronte su cui agire
Molte patologie tiroidee, soprattutto quelle autoimmuni come la tiroidite di Hashimoto, coinvolgono il sistema immunitario.
Ed è ormai sempre più chiaro che il microbiota intestinale gioca un ruolo centrale nella regolazione immunitaria.
A questo si aggiunge l’effetto dell’infiammazione sistemica di basso grado, che può alterare la funzione endocrina in modo sottile ma cronico.

Ecco perché ha senso introdurre nella dieta alimenti ad azione antinfiammatoria e probiotica:
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Curcuma, soprattutto abbinata al pepe nero, per migliorarne la biodisponibilità;
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Frutta ricca di polifenoli, come i mirtilli;
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Verdure solforate, come aglio e cipolla;
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Cibi fermentati come kefir, crauti e kombucha, anche nelle versioni senza lattosio;
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Un obiettivo consigliato è arrivare a 30 tipi diversi di vegetali a settimana, per alimentare al meglio la biodiversità del microbiota.
Queste scelte non agiscono direttamente sulla tiroide, ma creano le condizioni sistemiche migliori perché funzioni correttamente.
Conclusioni: sostenere la tiroide significa prendersi cura dell’intero organismo
La tiroide è un organo piccolo ma strategico, il cui equilibrio influisce su tutto il corpo: metabolismo, umore, fertilità, pelle, energia e cervello.
Quando qualcosa non va, la soluzione non è sempre immediata o univoca.
Ma in molte situazioni – specialmente nei quadri iniziali, nei disturbi autoimmuni o in presenza di alimentazione non ottimale – l’integrazione può offrire un valido supporto preventivo.
In particolare:
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Il selenio ha dimostrato efficacia nel ridurre anticorpi tiroidei e migliorare il TSH in soggetti non in terapia;
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Lo iodio va utilizzato con attenzione, preferendo l’aggiunta a crudo del sale iodato;
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Il ferro è spesso carente anche in assenza di anemia, e influenza la produzione ormonale;
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Le vitamine B12 e B9 sostengono il metabolismo tiroideo e la funzione cognitiva;
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L’infiammazione e il microbiota rappresentano un terreno su cui agire indirettamente ma con effetti profondi.
Se hai trovato utile questa lettura, condividila: la salute della tiroide riguarda molte più persone di quante immaginiamo.